Io non so ben ridir com'i' v'intrai,
tant'era pien di sonno a quel punto
che la verace via abbandonai.
Ma poich'i' fui al piè di un colle giunto,
là dove terminava quella valle
che m'avea di paura il cor compunto,
guardai in alto e vidi le sue spalle
vestite già de' raggi del pianeta
che mena dritto altrui per ogne calle.
Allor fu la paura un poco queta,
che nel lago del cor m'era durata
la notte ch'i passai con tanta pieta.
E come quei che con lena affannata,
uscito fuor del pelago a la riva,
si volge a l'acqua perigliosa e guata,
cosìm l'animo mio, ch'ancor fuggiva,
si volse a retro a rimirar lo passo
che non lasciò già mai persona viva.
Poi ch'èi posato un poco il corpo lasso,
ripresi via per la piaggia deserta,
si che 'l piè fermo sempre era 'l più basso.
Ed ecco, quasi al cominciar de l'erta,
una lonza leggera e presta molto,
che di pel macolato era converta;
e non mi si partia dinanzi al volto,
anzi 'mpediva tanto il mio cammino,
ch'i' fui per ritornar più volte vòlto.
Dante Alighieri - Divina Commedia
Inferno - I canto.
Breve sintesi di questi versi:
Dante spiega come ha fatto a ritrovarsi in questa selva scura, il momento in cui vede il sole (Il sole è simbolo di Dio), cerca l'aiuto di Dio e come quella paura nel cuore si placò un pò.
Il respiro affannoso, l'impulso di fuggire, ma nonostante tutto la sua anima riesce a dare uno sguardo a quel luogo dove nessuna persona è uscita viva. Un immagine di un naufrago che guarda il passato pericolo.
Spiega il cammino in salita e la sua fatica a procedere, fatica fisica e psichica.
L'incontro con la Lonza (un felino di cui parlano i testi del duecento, simile ad un leopardo), che gli impedisce il suo cammino.
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