Ben seimila anni in tutto 'l mondo io vissi
fede ne fan l'istorie delle genti,
ch'io manifesto agli uomini presenti
co' libri filosofici ch'io scrissi.
e tu marmeggio, visto ch'io mi eclissi,
ch'io non sapessi vivere argomenti,
o ch'io fossi empio e perchè il sol non tenti,
se del fato non puoi gli immensi abissi?
Se a 'lupi i savi, che 'l mondo riprende,
fosser d'accordo, è tutto bestia fòra,
ma perchè, uccisi, s'empi eran, gli onora?
Se 'l quaglio si disfà, gran massa apprende,
e 'l fuoco, più soffiato, più s'accende,
poi vola in alto e di stelle s'infiora.
Tommaso Campanella
Questo sonetto risale al 1602-1603, è indirizzato
ad alcuni amici ufficiali e baroni che lo incolpavano di
sapere troppo e di essere incapace di vivere secondo le regole.
A propria difesa, contro di loro, l'autore spiega che spesso
i sapienti cadono in disgrazia ma poi sono venerati da tutti.
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